“Terremoto”, “shock”, “scandalo” — moltissimi sono i termini che disegnano il voto europeo del 25 maggio.
Ma veramente — che c’è di sorprendente? Ogni idea, ogni concetto ha un punto di ottima efficienza, un apogeo. Se non si ferma al buon momento, comincia la decadenza. Troppo è troppo. Bisogna sapere fermarsi.
Questo destino è accaduto alla magnifica idea europea. L’apogeo del progetto europeo è avvenuto il 1 gennaio 1993 quando il Mercato unico ha veramente visto il giorno. L’Europa ha fatto qualcosa di fantastico mettendo in pratica le Quattro Libertà della circolazione: merci e servizi, persone, manodopera, capitali. Non c’erano più di dogane, di controlli ai confini — niente. Un paradiso sulla Terra: vivete e lavorate dove volete, producete, comprate, vendete dappertutto — tutto è diventato possibile in questo mercato grandissimo, promettente e meraviglioso.
E bisognava fermarsi là perché c’era proprio l’apogeo del progetto europeo. L’UE doveva restare un organo di sorveglianza leggero e poco visibile con l’unico scopo di far funzionare il mercato unico e le sue Quattro libertà, forse proporre qualche standard industriale e ambientale, forse allineare qualche legge — e basta. Invece l’Unione è diventata un colosso burocratico che ci dice come vivere, una cassa di dotazioni prese dalle nostre tasche, una fabbrica di direttive inutili, una fine a sè stesso fissata su una sola idea: allargarsi ancora e ancora. L’Unione Europea è invece diventata un vero mostro che finanziamo noi.